“Violinista”, fine anni ‘20
matita su carta
44,5 x 62 cm.
Ernesto Michahelles nasce a Firenze nel 1893 da una famiglia agiata, dedita alle scienze e alle arti: la madre è figlia del noto scultore statunitense Hiram Powers; dopo gli studi ginnasiali si interessa precocemente alla pittura, frequentando la comunità intellettuale anglo-fiorentina.
Dopo un soggiorno di studio a Parigi e un breve viaggio negli Stati Uniti, dove frequenta un corso d’arte, torna a Parigi; qui, nel 1919, rincontra la couturier Madeleine Vionnet (conosciuta durante la guerra a Roma, dove la stilista era stata costretta a fuggire) con la quale inizia una proficua collaborazione come disegnatore e per la quale progetta il logo della Maison; rimarrà consulente e stilista dell’atelier fino al 1925.
Nel 1920, insieme al fratello Ruggero Alfredo Michahelles, conosciuto con il nome d’arte RAM, progetta e lancia la “TuTa”, abito universale, pubblicato su “La Nazione” di Firenze perché fosse accessibile a tutti: un “abito futurista ed egalitario, tagliato a forma di T, di semplice realizzazione ed economico”, in opposizione alla moda borghese del tempo. In questo anno conia anche il suo pseudonimo, il palindromo Tayat, subito dopo mutato in Thayaht.
Conosce Filippo Tommaso Marinetti, che ne apprezza le qualità eclettiche e lo accoglie nel Futurismo; la sua ricerca artistica tocca infatti tutti i campi: dal teatro alla fotografia, alla ceramica, mobili, dipinti, sculture, grafica, oreficeria. Nel 1923 partecipa alla prima Esposizione Internazionale delle Arti Decorative di Monza con una serie di mobili da lui progettati ed esposti insieme alle sculture di Antonio Maraini. Nel frattempo acquista una villetta in Versilia, a Marina di Pietrasanta, alla quale dà il nome di “Casa gialla”.
Nel 1927 partecipa alla III Esposizione Internazionale delle Arti Decorative di Monza con una piccola sala personale in cui espone mobili, tappeti, lampade ed oggetti d’arredamento e la scultura in pietra serena Il Violinista, opera di estrema sintesi stilistica, quasi astratta, che richiama nel soggetto un tema molto amato; tema che ritorna nel raffinato disegno matita su carta qui in oggetto, risalente allo stesso periodo.
Nell’ambito orafo ottiene un particolare successo, la Medaglia d’oro alla Esposizione Internazionale di Barcellona del 1930 con l’invenzione della Thayahttite, una lega di sua invenzione composta da alluminio e argento, alla quale ne seguirà un’altra di argento e acciaio, che utilizza per realizzare gioielli; anche grazie a questo riconoscimento è invitato alla XII Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, dove espone nella sala futurista sei sculture. Partecipa, inoltre, alla mostra internazionale dell’Orafo, dove presenta una vetrina con gioielli realizzata nella lega di sua invenzione.
Nel 1932, con il fratello RAM, scrive un Manifesto per trasformare l’abito maschile; per il Gruppo Nazionale Fascista dell’Arte della Paglia realizza cappelli per uomo e donna dai nomi curiosi.
Intensa è la produzione grafica così come quella pittorica, influenzata dal dinamismo delle linee e improntata ad uno spiccato cromatismo, di matrice futurista; solo dopo il 1945 riprende stilemi che si rifanno ad un figurativismo più spiccato, ispirato ai dipinti di Gauguin e ai suoi paesaggi tahitiani, in nome di un ritorno a una vita semplice e primitiva, per una “liberazione dalla miserabile civilizzazione”, come lui stesso affermava.
Muore nel 1959 a Marina di Pietrasanta, nella sua “Casa gialla”, in riferimento alla casa gialla di Arles, in Provenza, dove Van Gogh visse per qualche mese con Gauguin.