“Figure e Tavolini” 1957
81×65,5 olio su tela sabbiata
Opera firmata in basso al centro
Dopo essere stato a bottega da un intagliatore e lavorante ceramista, nel 1925 si reca a Bologna per incontrare Giovanni Romagnoli, titolare della cattedra di Pittura all’Accademia di Belle Arti per mostrargli i suoi disegni. Quest’ultimo, riconosciuto il precoce talento, lo invita a proseguire nella pittura.
Dopo un fondamentale soggiorno a Parigi per vedere gli impressionisti si trasferisce a Roma dove conosce Ungaretti e gli esponenti della Scuola Romana, lasciandosi influenzare dall’espressionismo barocco di Scipione, Mafai, Capogrossi.
Artista prolifico, partecipa in pochi anni alla Quadriennale di Roma, a diverse edizioni della Biennale di Venezia, e concorre al Premio Carnegie di Pittsburg per diverse edizioni.
Nel 1939 viene nominato senza concorso dal ministro Bottai titolare della cattedra di Ornato Disegnato al Regio Liceo Artistico di Firenze.
Negli anni Quaranta Franco Gentilini affianca all’attività pittorica e di illustratore una intensa produzione grafica, con collaborazioni a molte riviste, ed entra in contatto con il collezionista e mercante d’arte Carlo Cardazzo, che sarà tra i suoi principali promotori all’estero. Numerosi viaggi a Parigi lo aiutano nel maturare un nuovo linguaggio e una nuova ricerca in termini di impasti materici, lontani dai temi degli esordi: nel 1950 ha una prima personale a Parigi alla Galerie Rive Gauche, presentato da Guido Piovene: in questa occasione espone, oltre ai dipinti, dieci disegni per La Metamorfosi di Franz Kafka.
Nel decennio successivo ottiene numerosi premi e riconoscimenti pubblici: nel 1960 vince il Premio per la litografia alla VI Biennale dell’incisione italiana contemporanea Bevilacqua La Masa, a Venezia.
Durante un soggiorno a Parigi visita lo studio di Jean Dubuffet, il cui stile grande influenza avrà sulla sua arte successiva: la pittura di Gentilini si fa scarna e scabra, il colore viene miscelato con la colla e la sabbia, la realtà sfuma in immagini surreali, con riferimenti ad elementi di matrice archeologica, che accendono le discussioni dei critici.
Nel 1976 gli viene assegnata la Medaglia d’Oro della Pubblica Istruzione; in quegli anni è protagonista di molte personali in Italia e all’estero; a Bruxelles viene eletto Socio dell’Accademia Reale delle Scienze Lettere e Belle Arti del Belgio.
Artista eclettico e aperto alle sperimentazioni, continua a produrre opere che spaziano dalla pittura al disegno, dalla grafica all’acquarello alle acqueforti.
Gentilini muore nel 1981 e molte mostre e retrospettive continuano a celebrarne la sua arte. L’ultima sua opera, un Autoritratto del 1981, commissionato dagli Uffizi, entra a far parte della Raccolta di Autoritratti di Artisti del Novecento. Nel giugno 1982 una raccolta di lastre calcografiche incise dall’artista in vari periodi della sua attività viene donata dalla famiglia Gentilini alla Calcografia Nazionale di Roma.
Nel dipinto Figura e tavolini (1957), proveniente da collezione privata, si assiste ad una evoluzione delle sue figure, quasi marionette, che caratterizzano la sua attività di illustratore: figure scarne e asciutte ma ancora caratterizzate da espressioni e identità diventano man mano sempre più essenziali. Qui la figura è una scura silhouette (che indoviniamo femminile) che si staglia, bidimensionale, su un fondale terroso, materico.
Gentilini ricorre a grafismi e a soluzioni cromatiche che restituiscono un “negativo” fotografico, su cui l’artista pare incidere le forme come graffiti. Questa è stata certamente una delle qualità più peculiare della sua pittura, l’aver saputo restituire con la scelta originale del materiale pittorico, ruvido e pulviscolare, l’esigenza di una nuova figurazione dai caratteri essenziali, quasi metafisici, che restituiscono una dimensione lirica alle sue composizioni, di assoluta modernità, in equilibrio tra astratto e figurativo.
Così scriveva nel 1957 Giuseppe Ungaretti:
“[…] La pittura di Gentilini ha origine come da una primitiva meraviglia, messa in risalto anche dalla predilezione sua per l’uso di terre. Onusta di tradizione, si affaccia poi a noi piena di calma, riposante, a rappresentarci luoghi di Roma per esempio, od altro, con una novità poetica, un humour e una familiarità straordinari.”