Felice Casorati

Felice Casorati - Incontro con la musica
Felice Casorati Incontro con la musica bassorilievo in fusione  per il teatrino di Casa Gualino

Incontro con la Musica (1924 – 2000)
Bassorilievo in fusione a cera persa, es. III/IV

Il bassorilievo in bronzo, siglato e numerato in basso a destra, è tratto da una formella in gesso facente parte di un nucleo di esemplari realizzati da Felice Casorati per il teatrino di Casa Gualino (1923-24). Nel 1923 Casorati, con Alberto Sartoris, fu chiamato da Riccardo Gualino per realizzare un nuovo spazio della casa di via Galliari, un spazio che fosse adatto alle azioni performative.

È lo stesso Gualino a raccontare della realizzazione del teatrino: in esso, dotato anche di una palestra per le esercitazioni danza, si esibivano la moglie Cesarina, la danzatrice e insegnante di danza Bella Hutter, sua sorella Raja Markman e Mary Wigman, pioniera, come Bella, della danza moderna. Esse erano anche ideatrici dei costumi, delle coreografie e delle musiche:

“[…] Fu un atto di coraggio quello di concedere carta bianca a un pittore perché facesse dell’architettura. Io speravo che, appunto perché immune dalle regole della tradizione, Casorati avrebbe risolto in modo originale il problema. La mia aspettativa non andò delusa.

La sala è rettangolare, di colore grigio; il soffitto semplice, a sagome angolari. Una fascia di circa un metro di altezza, fra pareti e soffitto, avente una serie di bassorilievi, illuminati da luce nascosta, è la nota decorativa dell’ambiente e in pari tempo l’unica sorgente luminosa. Cento seggioloni di legno nero lucido con cuscini grigi salgono a scalinata; il velario è di panno grigio, filettato di rosso; ai lati del boccascena due piedistalli scarlatti sostengono due statue grigie del Casorati. Il pavimento nero completa l’armonia in grigio-nero-rosso.

Il teatrino comunicava colla mia abitazione, che presentava grande interesse per la collezione di oggetti d’arte disposta ogni anno in modo differente. Unica luce era quella proveniente dagli oggetti illuminati, cosicché si attraversavano le sale fra gli sguardi di Antonello o di Tiziano, di Cimabue o di Botticelli, tra smalti e ceramiche, tra statue cinesi e sculture romaniche.

Dopo lo spettacolo, gl’invitati solevano dal teatrino recarsi in casa a trascorrervi un’ora; nulla sembrava loro più interessante del mutamento radicale, del passaggio repentino dall’emozione dello spettacolo presentato nella sala del teatrino lucida e austera, alla visione del passato sintetizzata da pochi capolavori opportunamente messi in rilievo. L’accesso al teatrino, ricavato in piccolo vano, con giuoco audace di grossi archi e di basse volte, così da farlo sembrare di molto più vasto, tutto grigio e nero, fu una delle cose più belle ideate dal Casorati.”
(Riccardo Gualino: “Frammenti di vita e di pagine sparse”, Roma, 1966, p. 109).

La decorazione del teatrino era costituita, oltre che da due statue poste ai lati del proscenio (una rappresentante la commedia, l’altra la tragedia), da quattordici bassorilievi inseriti come metope nel fregio che percorreva l’estremità superiore delle pareti del teatro.

Questi bassorilievi realizzati in gesso costituivano un “legame visivo” tra l’architettura e la decorazione dello spazio: i soggetti rappresentati si riferivano a scene del mondo animale e di vita pastorale, in parallelo ai coevi dipinti di Felice Casorati: nudi esili, spazi ideali e idealizzati come scenografie fiabesche, metafore di un luogo poetico e sognante.

Dei bassorilievi, andati distrutti con l’intera casa di via Galliari, restano oggi alcune copie conservate in collezione privata, testimonianza di un momento storico in cui Torino era protagonista di un’idea di armonia tra le diverse discipline e la committenza si faceva portatrice di nuove sensibilità, pienamente accolte dagli artisti più sensibili come Casorati.