Il ritorno delle Mondine, 1948
Olio su tela, 70 x 100 cm
Umberto Lilloni si forma all’Umanitaria, scuola professionale per artigiani di Milano e, nel 1915, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera.
Dopo aver combattuto nel corso della Prima Guerra Mondiale, nel 1921 l’Accademia gli conferisce il premio della Fondazione Mazzola e l’anno seguente si aggiudica il 1° premio alle Olimpiadi universitarie di Roma e il pensionato Hayez con il dipinto Nudo sdraiato di donna.
La cultura del ritratto romantico e della tradizione verista lombarda lo portarono a concentrarsi, nelle sue prime opere, sulla figura umana, in particolare sul ritratto femminile, in cui si distingue per un’indagine intimista dei volti.
Negli anni successivi insegna disegno all’Umanitaria e fino al 1941 al liceo artistico di Brera e alla Scuola superiore degli artefici; infine passa a Parma, fino al 1962, come docente di decorazione pittorica all’istituto d’arte Paolo Toschi.
Partecipa alle Biennali d’arte di Venezia dal 1928, dove presenta Ragazza bionda e Ragazza bruna (coll. R. Lilloni), fino al 1936 e poi ancora nel 1940, nel 1942 e nel 1952.
Negli anni ‘30 entra in contatto con Edoardo Persico, che dal 1929 accoglieva attorno alla galleria Il Milione, da lui fondata, i giovani pittori che volevano interpretare in senso moderno il richiamo alla pittura delle origini, formando un gruppo che dallo scrittore e critico Guido Piovene verrà definito “Chiarismo”, poiché ricorreva ad una tecnica pittorica “in chiaro”, ossia ottenuta dipingendo su una preparazione ancora umida a base di ossido di zinco. Come spiega la studiosa Elena Pontiggia:
“[…] Il Chiarismo è stato un clima espressivo che si è definito a Milano verso il 1930 intorno al critico Edoardo Persico. I suoi protagonisti sono Angelo del Bon, Francesco De Rocchi, Umberto Lilloni, Adriano Spilimbergo, Cristoforo De Amicis, a cui si aggiungono vari artisti da Vernizzi a Padova, da Oreste Marini a Facciotto, mentre punti di contatto – o di anticipazione – con la loro ricerca si colgono nel primo Birolli o in Broggini. Si tratta, in sostanza, di una pittura dai toni luminosi, senza chiaroscuro, spesso stesi su una base di bianco ancora umida, con ombre dipinte direttamente col colore. Al predominio dei volumi, su cui si era fondato il classicismo del “Novecento” di Sironi, sostituiva il predominio del colore. Creava così un mondo lieve, precario, instabile, che suggeriva soprattutto un sentimento di vulnerabilità. (…)
Diversi critici hanno sottolineato la mano felice di Lilloni nel dipingere la vegetazione e in particolare gli alberi, che appaiono eleganti e vagamente orientaleggianti anche nel dipinto Il Ritorno delle Mondine del 1948: a questo proposito è interessante il commento del poeta e letterato Diego Valeri proprio su questo tema:
“[…] I lilloni devono essere alberi di alto fusto e di ricco fogliame allignanti sulle dolci rive dei fiumi e dei laghi lombardi. Non potrei dire a quale famiglia appartengono…A me basta di goderli nei quadri del pittore che da essi evidentemente ha preso il nome…”
Negli anni Quaranta Lilloni giunge a un grado di maturazione interpretativa del paesaggio e della figura che con sguardi all’Oriente e influssi postimpressionisti rivisitati attraverso la scuola di Parigi.
Negli anni successivi ebbe un’intensa attività espositiva, specialmente a Milano e nel Nord Italia.
Nel 1973 si trasferisce in Svizzera, a Lugano, da dove compie numerosi viaggi, in Francia, Germania e Olanda alla ricerca di soggetti pittorici; ammalatosi, decide di tornare a Milano, dove muore il 15 giugno 1980.
Nel 2005 a Romagnano Sesia (Novara) è stata inaugurata la Galleria Lilloni, curata dalla figlia Renata.