Vittorio Dassi: tra artigianato e modernità.

Vittorio Dassi, coppia di comodini all'asta
Coppia di comodini
Struttura in legno, piani in vetro e onice, particolari in ottone.

Base in marmo, Anni ’50

Quest’opera è presente nell’asta di design di ottobre 2025

Vittorio Dassi (1893–1973) appartiene a quella generazione di imprenditori e designer che seppero coniugare tradizione artigianale e spirito moderno. Alla guida della ditta di famiglia Dassi Mobili Moderni, con sede a Lissone, nel cuore della Brianza, proseguì una storia produttiva che dalle radici artigiane si aprì al linguaggio del design del Novecento. Tra gli anni Quaranta e Cinquanta i suoi arredi si distinguono per la scelta di legni pregiati – palissandro, ciliegio, frassino e noce – impreziositi da pannelli intarsiati, dettagli decorativi e l’uso del vetro o del cristallo, talvolta affidati a maestri vetrai. La sua cifra stilistica combina eleganza e funzionalità, con un gusto che richiama da vicino quello di Gio Ponti, al quale Dassi fu legato da collaborazioni di rilievo.

Un episodio emblematico è la realizzazione, a metà degli anni Cinquanta, degli arredi per le camere dell’Hotel Royal di Napoli, progettato da Ponti, dove la manifattura Dassi tradusse i disegni dell’architetto milanese in mobili raffinati e solidi al tempo stesso. In quel periodo lo stile dell’azienda compie una svolta: accanto alle superfici lucidate e alle forme sinuose degli anni precedenti, cominciano ad affermarsi linee più schematiche e pulite, mentre nella produzione entra il teak, materiale destinato a diventare protagonista dei mobili modulari degli anni Sessanta.

La parabola di Dassi si colloca così in un punto nodale della storia del design italiano: da un lato l’eredità del mobile di pregio, fatto di essenze rare e di lavorazioni sofisticate; dall’altro la spinta verso una modernità capace di rispondere alle esigenze di un pubblico nuovo, aperto alla serialità senza rinunciare alla qualità. Oggi i suoi mobili sono ricercati sul mercato internazionale e la memoria della sua attività viene conservata e valorizzata dall’archivio di famiglia e dal progetto museale dedicato a Vittorio e a suo figlio Plinio, che ne ha proseguito l’opera.