Cesare Maggi
“Strada di montagna”, anni ’20
70 x 50 cm., olio su tavola
Quest’opera è presente nell’asta di dipinti di giugno 2025
Cesare Maggi nacque a Roma nel 1881: crebbe artisticamente tra Torino e Ginevra, in un contesto culturale in cui la pittura paesaggistica era attraversata da profonde trasformazioni. Fu allievo di Giacomo Grosso all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e, dopo un soggiorno di studio in Svizzera, entrò in contatto con la poetica di Giovanni Segantini, rimanendone profondamente colpito. Fu proprio l’incontro con il Divisionismo a indirizzare la sua pittura verso un linguaggio basato non solo sulla scomposizione della luce, ma anche su una visione lirica e quasi spirituale del paesaggio.
A partire dai primi anni del Novecento, Maggi si dedicò quasi esclusivamente alla rappresentazione della montagna, diventandone uno degli interpreti più sensibili e riconoscibili. Le sue tele restituiscono le Alpi non come semplice scenario naturale, ma come luogo dell’anima, carico di silenzi, vastità e mistero. Le vedute alpine di Maggi si distinguono per la tavolozza luminosa, la materia pittorica densa, e una costruzione dell’immagine che privilegia l’armonia e l’equilibrio delle forme. Non c’è mai virtuosismo descrittivo: tutto è filtrato da uno sguardo interiore, che trasfigura il reale in una visione.
L’opera Strada di montagna è pienamente riconducibile alla maturità dell’artista: tre piccole figure percorrono un solirìtario sentiero sotto un cielo chiaro che lascia trasparire la luce fredda dell’alta quota; la neve, lungi dall’essere un vuoto cromatico, è animata da riflessi sottili, azzurri, rosati, dorati.
Maggi fu un artista schivo, lontano dalle mode, ma la sua ricerca fu seguita e apprezzata già in vita: nel 1909 gli fu dedicata una sala personale alla Biennale di Venezia, e negli anni successivi le sue opere vennero esposte nelle principali mostre italiane ed europee. Morì a Torino nel 1961, lasciando un corpus ampio di opere che, pur nella coerenza tematica, non smettono di sorprendere per la loro ricchezza espressiva.